Masterchef, il seguitissimo talent-competition di cucina giunto ormai alla sua settima edizione, è considerato da molti una sorta di spartiacque. La trasmissione è un “punto zero” che ha fatto conoscere l’alta cucina al grande pubblico. Questo portando sullo schermo chef stellati che solo in pochi potevano conoscere se non addetti ai lavori o palati fini in grado di affrontare la spesa di un pasto alquanto esoso.
Con il passare del tempo, di edizione in edizione; di spot in spot, da collaborazione in collaborazione abbiamo assistito infine al paradosso: l’alta cucina diventa luogo comune. Una più o meno prevedibile forma di intrattenimento che, però, funziona e continua a piacere perché seducente, accattivante e gustosa.
Cucina-televisione quindi, questo però non è il solo binomio che è andato creandosi negli ultimi anni. Un’altra combo trova spazio in merito all’argomento, ed è quella che accomuna fornelli e pubblicità. Individuati come catalizzatori di attenzione capaci di esercitare un’enorme influenza sul pubblico e contaminare l’immaginario comune, gli chef vengono sempre più utilizzati come ambassador e testimonial dei brand.
Ipotesi del famoso pubblicitario francese Jacque Séguéla è che i brand debbano essere identificati e trattati come star del marketing. Fare questo significa curarne lo stile, il carattere. Per definirsi in tutto e per tutto star, dive, le marche devono essere, allo stesso tempo, prossime e distanti al pubblico.
La scelta di ricorrere agli chef è sostenuta dal fatto che, in questo modo, le marche si ammantano della loro aura, prendono vita sotto le loro mentite spoglie.
Pagare un testimonial “qualsiasi” tra il parterre degli chef-star non è però la strategia vincente. A determinare l’efficacia di una collaborazione non deve mancare un aspetto importantissimo ovvero la coerenza tra testimonial e brand pubblicizzati.
Nel 2016 l’azienda di cucine “più amata dagli italiani” incontra, in una liason commerciale, il conturbante chef Veneto.
La strategia messa in atto dalla società Marchigiana consiste nel mostrare il lato umano dello chef che, sul piccolo schermo, si è sempre distinto per severità e alterigia. In questo caso l’intreccio brand-endorser ha funzionato perché basato su un’attenta analisi e linea d’azione. Cracco viene immortalato e ripreso negli ambienti targati Scavolini come se fosse, a tutti gli effetti, tra le proprie “mura domestiche” .
Tra i più quotati e usati come testimonial figurano i nomi, neanche a dirlo, di Cannavacciuolo e Barbieri. Fortissimo sui social, merito della sua immagine carismatica, chef Rubio. Ultimo ma non ultimo Alessandro Borghese, amatissimo anche in tv.
Era il 2016 quando Tim Impresa semplice scelse lo chef Milanese Davide Oldani per raccontare le offerte pensate per il mondo business. L’obiettivo era mostrare un imprenditore moderno e smart, sfruttando in seconda battuta la “moda” della cucina. Sotto questo profilo, quindi, sembra che gli chef possano essere prestati a qualsiasi area d’interesse o ambiente, non “solo” ai temi afferenti alla cucina ma anche si settori più disparati.
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